Testi Gildo - Giorgio Gaber

Gildo - Giorgio Gaber
Informazioni sulla canzone In questa pagina puoi trovare il testo della canzone Gildo, artista - Giorgio Gaber. Canzone dell'album Il teatro canzone, nel genere Поп
Data di rilascio: 09.05.2011
Etichetta discografica: Carosello
Linguaggio delle canzoni: Italiano

Gildo

Fu proprio là nella corsia di un ospedale
Che aprii gli occhi e vidi un letto accanto al mio
Il primo giorno si ha una sensazione spiacevole e volgare
E i piccoli disagi non fanno bene al cuore
Ma la notte, la notte
Aumenta lo spessore del dolore con le sue presenze
La notte, il cuore è gonfio la notte
E i lamenti dei malati riempiono le stanze
Ma stranamente il giorno dopo prima che arrivino i parenti
Si fa un poco di ironia persino sui lamenti
E il letto accanto al mio con dentro un uomo grosso e un po' volgare
Diventa una presenza singolare
«Gildo, come faccio, mi vergogno, dovrei andare»
E Gildo, il grosso Gildo, mi insegna da sdraiato come devo fare
E intanto a pochi metri di distanza si fatica a respirare
Sono le innocenti stonature di un salotto
Sono i piccoli fastidi, i gesti un po' meschini
Che fanno l’uomo veramente brutto
Ma in ospedale dove la perdita è totale
Dove lo schifo che devi superare
È quello di aiutare un uomo a vomitare
Dove non c'è più nessuna inibizione
Dal vomito al sudore, alla defecazione
E allora salti il piano se lo sai saltare
E entri in un altro reparto dell’amore
«Gildo, io vorrei che all’insaputa delle suore»
E Gildo, il grosso Gildo, mi passa di nascosto qualche cosa da mangiare
E intanto a pochi metri di distanza un uomo muore
Si parla poco e piano per diverse ore
E a notte alta quell’ospite agghiacciante vien portato via
E riprende indisturbato e noncurante il ritmo della corsia
I piccoli disagi, l’ho già detto, fanno male al cuore
Ma il senso della morte
È sempre stato troppo forte
Gildo, non l’ho mai saputo immaginare
Chissà perché improvvisamente diventa elementare
Potrà sembrare irriverente ma qualche ora dopo
Ridevamo tutti per niente
Ma a scanso di fraintesi
Non è il cinismo mestierante dei dottori
Ma il senso della vita che ti spinge fuori
«Gildo, mi dispiace, son guarito, devo andare»
E Gildo, che naturalmente mai più nella mia vita ci avrò il gusto di incontrare
Nasconde, questa volta con vergogna, il suo dolore
Il cielo azzurro e teso
E le mie gambe strane, senza peso
Attraversavo il giardino tremante
Come in un sogno riposante
Gli occhi delle nuove madri luccicavano
E i grossi seni sotto le vestaglie biancheggiavano
Solitario avvertivo quel candore, quell’aria di purezza
E il cielo era azzurrino e c’era un po' di brezza
E stranamente un senso d’amore che non so dire

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