Testi La Stazione Dei Ricordi - Ultimo

La Stazione Dei Ricordi - Ultimo
Informazioni sulla canzone In questa pagina puoi trovare il testo della canzone La Stazione Dei Ricordi, artista - Ultimo. Canzone dell'album Colpa Delle Favole, nel genere Поп
Data di rilascio: 04.04.2019
Etichetta discografica: Honiro distribuito da Believe Distribution Services
Linguaggio delle canzoni: Italiano

La Stazione Dei Ricordi

Ho il cuore che mi vola e sentiti leggera
Ho colpito a duro muso la vita e lo faccio da una vita intera
Non mi sento mai adatto, questi contesti indifferenti
Rido, guardo i miei difetti come fossero perfetti
Avessi gli occhi di mio padre proverei a ragionare
Ma sono nato con la voglia di strafare e col bisogno di volare
Dicesti: «Chiudi gli occhi, non pensarci»
Ma quelli come me chiudono gli occhi solo per allontanarsi
Allontanarsi da che cosa, che qui è sempre la stessa storia
Ti viene voglia di cambiare e cambia chi non c'è più ora
Ricordo notti in un parcheggio, birre vuote sul cruscotto
Parlavamo sì, ma senza aver mai pagato un conto
Noi siamo quelli senza scuse, col passato in fiamme
Quelli che parlano con tutti, ma non è niente di importante
Che le cose belle stanno dentro e meritano stelle
Siamo tutti Giusy, cambia soltanto dentro a quale pelle
Potrei cantare per cent’anni, e direi le stesse cose
E non è monotonia, è il mio rifugio personale
Non chiedermi niente, questa sera si sta bene
Porta un po' dei tuoi ricordi, e dopo mescolali insieme
Vorrei parlare anche di lei ma senza esagerare
Che il cielo lì ci osserva e noi formiche in pasto a un mondo cane
Poi ti bastan due occhi azzurri e ritorna tutto
Ritorna il cuore, al suo posto dove c'è calore
Avevo voglia di cantare ma solo ciò che avevo dentro
Sento che tanto più mi sento vuoto e tanto più mi riempio dentro
Ricordo lì in terrazza, quinto piano, sopra tutti
Passare notti dentro stanze in cui non vedi bene tutti
E con la mano, e con la mano, e con la mano sposti il fumo, che ti bruci gli
occhi
Sentirsi ultimi ma sorridere che è passato pure oggi
Mamma, mamma, mamma, ti ho deluso tante volte e non è vittimismo
T’ho vista piangere e maledico il giorno in cui non m’hai più visto
Quando tornavi dal lavoro e c’era quel silenzio
E i professori che ti urlavano: «Suo figlio è marcio dentro»
Ma che ne sanno loro, che ne sanno tutti
Io la mia vita l’ho vissuta solo attraverso i miei gusti
E pagherò un conto tra dieci anni, o forse anche domani
Ma vince chi si sveglia, vive, muore e spera, sempre dentro le sue mani

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