Informazioni sulla canzone In questa pagina puoi trovare il testo della canzone Keaton, artista - Francesco Guccini. Canzone dell'album Signora Bovary, nel genere Поп
Data di rilascio: 31.12.2006
Etichetta discografica: EMI Music Italy
Linguaggio delle canzoni: Italiano
Keaton |
Lo chiamavamo Keaton quel pianista |
Naturalmente perchè non sorrideva mai |
Mentre noi ci ammazzavamo di risate |
A vederlo là, come un parafulmine, dritto contro un cielo di guai |
Guai di tasca a violoncello, guai d’amore |
Guai da vita distratta e disperata |
Che ricamavano dentro al suo stupore |
Una tela affascinante, ma un po' troppo delicata… |
Keaton si presentò come un jazzista |
Appassionato e puro, in stile Rete Tre |
Coi pregiudizi di chi si sente artista |
Perché non faceva soldi, lui, con le canzoni, come me |
Ma non mi accompagnava poi malvolentieri |
Eravamo due grandi acrobati della malinconia |
E poi, poi dobbiamo farne di mestieri |
Noi che viviamo della nostra fantasia… |
Parlavamo poi molto in quelle sere |
In qualche bar, dopo il concerto, insonni e morti |
Di politica, ciclismo, storie vere |
E di come i «Weather Report» erano forti |
E di come era importante fra la gente |
Non essere solo musica e parole |
E di come era importante che la gente |
Non fosse una massa di persone sole… |
Ah, Keaton, Keaton, che fine hai fatto, Keaton? |
Sei poi andato in malora, Keaton? |
Lo sai che ti sto venendo a cercare? |
Keaton, ah, Keaton, perché stanotte, Keaton |
Proprio stanotte, Keaton, avrei bisogno di sentirti suonare… |
S’illuminava poi come di colpo |
Lungo l’effimero consueto di una sera |
S’illuminava di una gioia grande |
Quando si avvicinava a una tastiera |
E preferiva quelle un poco usate |
Quelle in cui tutti mettono le mani |
Quelle ingiallite dal tempo, un po' scordate |
Dall’ignoranza e dalla passione degli umani… |
E poi una volta abbiamo litigato |
Per una donna prima sua e poi mia |
Lui coi suoi guai, io col mio quasi peccato |
Sconfitti entrambi dalla gran malinconia |
Ci siamo persi quasi senza una parola |
Ma tutti e due con più rabbia che rimpianto |
Come i bambini che si fan dispetti a scuola |
Come due vecchi che si sono amati tanto… |
Poi ho provato a rintracciarlo dappertutto |
Chiedendo a più d’un dirigente supponente |
Telefonando all’Arci-caccia, all’Arci-tutto |
Ma di Keaton sembra non sia rimasto niente |
Se se ne parla è nel ricordo di un momento |
Qualcuno dice che l’ha visto, ma lontano |
E tutti, tutti con un gran sorriso spento |
Come per dire: «Era un ragazzo troppo strano» |
Ah, Keaton, Keaton, che fine hai fatto, Keaton? |
Se mi vedessi col mio trench stile Bogart, Keaton |
Sotto la pioggia che ti vengo a cercare… |
Keaton, ah, Keaton, perché mi manca, Keaton |
Questa notte mi manca la tua voglia di star qui a suonare… |
E finalmente un chissacchì non mi delude |
Forse, però non sa, probabilmente |
È in una provincia lontana come una palude |
Dai nostri discorsi di suonare fra la gente |
Una provincia come una sconfitta |
Meno che essere una minoranza dignitosa |
E una palude è certo troppo fitta |
Di voli di zanzara per suonarci qualche cosa… |
Lo trovo e sembra che non sia più Keaton |
Anche se è contento di vedermi |
«Sembrava facile toccarlo con un dito», dice |
«Ma il cielo ci ha voluto tutti fermi» |
E finalmente ride, ma ride tanto ed è ingrassato |
E giura troppo che non sta poi male |
Il jazz ormai se l'è dimenticato |
Ci son parole, tempi e ritmi anche dentro un ospedale… |
E nel lasciarmi all’inizio della sera: |
«È come», dice, «alla fine del cinema muto |
C'è il sonoro, non serve una tastiera…» |
Ci salutiamo nel silenzio più assoluto… |
Ed esco fuori con i miei giornali |
E non ho voglia di ridere per niente |
Ho un treno che mi aspetta alla stazione |
Mi dà fastidio anche il rumore della gente… |
Ah, Keaton, Keaton! |
Keaton, quello vero, l’ultima volta che l’hanno visto passeggiava |
Lungo le strade e per il vento di Roma |
Durante le pause di un film con Franchi e Ingrassia |
Aveva in corpo mille litri di alcool |
La faccia la solita, senza allegria |
Si ubriacava ogni giorno con la troupe borgatara |
Alla faccia della cirrosi epatica |
Perché lui ci teneva al suo pubblico |
Più che al suo fegato |
E gli elettricisti sono gente simpatica |
Gli urlavano infatti «Anvedi s'è forte 'sto Keaton!» |
Bevendo il bianco misterioso dei colli di Roma |
O quello forte del sud che fa assaggiare l’infinito |
A tutta la gente di bocca buona… |