Testi di Regenballade - Achim Reichel

Regenballade - Achim Reichel
Informazioni sulla canzone In questa pagina puoi trovare il testo della canzone Regenballade, artista - Achim Reichel. Canzone dell'album Regenballade, nel genere Поп
Data di rilascio: 24.10.2019
Etichetta discografica: BMG Rights Management, Tangram - Achim Reichel Musikproduktion
Linguaggio delle canzoni: Tedesco

Regenballade

(originale)
Ich kam von meinem Wege ab, weil es so nebeldunstig war.
Der Wald war feuchtkalt wie ein Grab und Finger griffen in mein Haar.
Ein Vogel rief so hoch und hohl, wie wenn ein Kind im Schlummer klagt
und mir war kalt, ich wußte wohl, was man von diesem Walde sagt!
Dann setzt' ich wieder Bein vor Bein und komme so gemach vom Fleck
und quutsch' im letzen Abendschein schwer vorwärts durch Morast und Dreck.
Es nebelte, es nieselte, es roch nach Schlamm, verfault und naß,
es raschelte und rieselte und kroch und sprang im hohen Gras.
Auf einmal, eh ich’s mich versehn, bin ich am Strom, im Wasser schier.
Am Rand bleib ich erschrocken stehn, fast netzt die Flut die Sohle mir.
Das Röhricht zieht sich bis zum Tann und wiegt und wogt soweit man blickt
und flüstert böse ab und an, wenn es im feuchten Windhauch nickt.
Das saß ein Kerl!
Weiß Gott, mein Herz stand still, als ich ihn sitzen sah!
Ich sah ihn nur von hinterwärts, und er saß klein und ruhig da.
Saß in der Abenddämmerung, die Angelrute ausgestreckt,
als ob ein toter Weidenstrunk den dürren Ast gespenstisch reckt.
«He, Alter!"ruf ich, «beißt es gut?"Und sieh, der Baumstamm dreht sich um und wackelt mit dem runden Hut und grinst mit spitzen Zähnen stumm.
Und spricht, doch nicht nach Landesart, wie Entenschnattern, schnell und breit,
kommt’s aus dem algengrünen Bart: «Wenn's regnet, hab' ich gute Zeit»!
«So scheint es», sag ich und ich schau in seinen Bottich neben ihn.
Da wimmelts blank und silbergrau und müht sich mit zerfetzem Kiem´,
Aale, die Flossen zart wie Flaum, glotzäugig Karpfen.
Mittendrin,
ich traue meinen Augen kaum, wälzt eine Natter sich darin!
«Ein selt’nes Fischlein, Alter, traun!"Da springt er froschbehend empor.
«Die Knorpel sind so gut zu kaun"schnattert listig er hervor.
«Gewiß seid ihr zur Nacht mein Gast!
Wo wollt ihr heute auch noch hin?
Nur zu, den Bottich angefaßt!
Genug ist für uns beide drin!»
Und richtig watschelt er voraus, patsch, patsch am Uferrand entlang.
Und wie im Traume heb ich auf und schleppe hinterdrein den Fang.
Und krieche durch den Weidenhag, der eng den Rasenhang umschmiegt,
wo, tief verborgen selbst am Tag, die schilfgebaute Hütte liegt.
Da drinnen ist nicht Stuhl, nicht Tisch, der Alte sitzt am Boden platt,
es riecht nach Aas und totem Fisch, mir wird vom bloßem Atmen satt.
Er aber greift frisch in den Topf und frißt die Fische kalt und roh,
packt sie beim Schwanz, beißt ab den Kopf und knirscht und schmatzt im Dunkeln
froh.
«Ihr eßt ja nicht!
Das ist nicht recht!"Die Schwimmhand klatscht mich fett aufs
Knie.
«Ihr seid vom trockenen Geschlecht, ich weiß, die Kerle essen nie!
Ihr seid bekümmert?
Sprecht doch aus, womit ich Euch erfreuen kann!»
«Ja», klappre ich: «Ich will nach Haus, aus dem verfluchten Schnatermann.»
Da hebt der Kerl ein Lachen an, es klang nicht gut, mir wurde kalt.
«Was wißt denn Ihr vom Schnatermann?""Ja», sag ich stur,"so heißt der Wald.»
«So heißt der Wald?"Nun geht es los, er grinst mich grün und phosphorn an:
«Du dürrer Narr, was weißt du bloß vom Schnater-Schnater-Schnatermann?!»
Und schnater-schnater, klitsch und klatsch, der Regen peitscht mir ins Gesicht.
Quatsch´ durch den Sumpf, hoch spritzt der Matsch, ein Stiefel fehlt — ich acht
es nicht.
Und schnater-schnater um mich her, und Enten-, Unken-, Froschgetöhn.
Möwengelächter irr und leer und tief ein hohles Windgestöhn…
Des andern Tags saß ich allein, nicht weit vom prasslenden Kamin
und ließ mein schwer gekränkt´ Gebein wohlig von heißem Grog durchziehn.
Wie golden war der Trank, wie klar, wie edel war sein starker Duft!
Ich blickte nach dem Wald — es war noch sehr viel Regen in der Luft…
Ina Seidel (1885−1974)
(traduzione)
Ho perso la strada perché era così nebbiosa.
La foresta era umida come una tomba e le dita si aggrovigliavano nei miei capelli.
Un uccello gridava alto e vuoto come quando un bambino piange nel suo sonno
e avevo freddo, sapevo bene cosa si dice di questo bosco!
Poi metto di nuovo il piede davanti alla gamba e mi alzo facilmente dal punto
e nell'ultima sera la luce cigolava forte attraverso il fango e la terra.
Era nebbioso, piovigginava, puzzava di fango, marcio e umido,
frusciava, gocciolava, strisciava e saltava nell'erba alta.
Improvvisamente, prima che me ne renda conto, sono sul ruscello, nell'acqua.
Mi fermo sul bordo, spaventato, la marea quasi mi bagna le piante dei piedi.
Le canne si estendono fino agli abeti e ondeggiano e ondeggiano a perdita d'occhio
e sussurra con rabbia di tanto in tanto quando annuisce nella brezza umida.
Quello seduto un ragazzo!
Dio solo sa, il mio cuore ha smesso di battere quando l'ho visto seduto!
L'ho visto solo da dietro e stava seduto piccolo e tranquillo.
Seduto nel crepuscolo, canna da pesca tesa,
come se un gambo di salice morto stendesse spettrale il ramo secco.
“Ehi, amico!” grido, “morde bene?” E guarda, il tronco d'albero si gira e agita il cappello rotondo e sorride silenziosamente con i denti aguzzi.
E parla, ma non alla maniera del paese, come le anatre che schiamazzano, velocemente e largamente,
viene dalla barba verde alghe: "Se piove mi divertirò"!
"Così sembra," dico e guardo nella sua vasca accanto a lui.
Brulica brillante e grigio argento e lotta con branchie squarciate,
Anguille, pinne morbide come piume, carpe dagli occhi stralunati.
Nel mezzo,
Riesco a malapena a credere ai miei occhi quando un serpente vi rotola dentro!
«Un pesciolino raro, vecchio, osa!» Poi balza in piedi come una rana.
"La cartilagine è così facile da masticare", disse scaltramente.
«Certo che stasera sei mio ospite!
Dove altro vuoi andare oggi?
Avanti, tocca la vasca!
Ce n'è abbastanza per entrambi!"
E lui cammina davvero avanti, schiaffo, schiaffo lungo la riva.
E come in sogno lo raccolgo e poi trascino il fermo.
E strisciare attraverso il boschetto di salici che abbraccia strettamente il pendio erboso,
dove, nascosta nel profondo anche di giorno, giace la capanna di canne.
Non c'è sedia lì dentro, non c'è tavolo, il vecchio è seduto piatto sul pavimento,
odora di carogne e di pesce morto, solo il respiro mi riempie.
Ma arriva fresco nella pentola e mangia il pesce freddo e crudo,
la prende per la coda, le morde la testa e la sgranocchia e la schiaffeggia nel buio
gioioso.
"Non stai mangiando!
Non è giusto!" La mano che nuota mi colpisce a terra
Ginocchio.
"Sei del sesso secco, lo so, i tipi non mangiano mai!
sei angosciato?
Dimmi cosa posso fare per farti piacere!"
"Sì," sbatto: "voglio tornare a casa dal maledetto Schnatermann."
Poi il ragazzo inizia a ridere, non suonava bene, ho avuto freddo.
«Che ne sai tu dello Schnatermann?» «Sì», dico ostinatamente, «è il nome della foresta».
"Questo è il nome della foresta?" Ora inizia, mi sorride verde e fosforoso:
"Stupido magro, cosa sai di Schnater-Schnater-Schnatermann?!"
E chiacchiere-chiacchiere, schiaffo e schiaffo, la pioggia mi sferza la faccia.
Sciocchezze attraverso la palude, il fango schizza in alto, manca uno stivale - ho otto anni
no.
E chiacchiere intorno a me, e anatre, rospi, rane.
Risata di gabbiano pazza e vuota e profondo un gemito vuoto del vento...
Il giorno dopo mi sedetti da solo, non lontano dal caminetto scoppiettante
e lascia che le mie ossa gravemente ferite siano soffocate dal grog caldo.
Com'era dorata la pozione, com'era chiara, com'era nobile il suo forte profumo!
Ho guardato la foresta - c'era ancora molta pioggia nell'aria...
Ina Seidel (1885-1974)
Valutazione della traduzione: 5.0/5 | Voti: 1

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